IL SENSO DELLA VITA: L'ACQUA
Più di 2,5 milioni di persone, gran parte delle quali
vivono nei Paesi in via di sviluppo - soprattutto nel Nord Africa
e nell'Asia occidentale e meridionale -, muoiono ogni anno a
causa di malattie associate a condizione idriche e sanitarie
scadenti.
Ogni giorno 6.000 bambini muoiono a causa di malattie che potrebbero
essere evitate grazie a una migliore qualità dell'acqua
e a impianti fognari adeguati. A causa di questo genere di malattie,
ogni anno soffrono gravemente più di 250 milioni di persone.
Le cifre riportate riecheggiano quelle di un bollettino di guerra,
ma rappresentano invece le notizie fornite nel dicembre 2002
dal Dipartimento delle Nazioni Unite per l'Informazione Pubblica.
La evidente drammaticità della situazione ha indotto
le Nazioni Unite a indicare il 2003 come Anno Internazionale
dell'Acqua e nel marzo dello stesso anno, sull'argomento, si
è tenuto a Kyoto un Forum internazionale al quale hanno
partecipato 96 Paesi.
Già nel 2000, al cosiddetto Vertice del Millenio, sempre
organizzato dalle N.U. con la partecipazione di 147 leader mondiali,
fu stabilita la data del 2015 per dimezzare la percentuale di
persone che non sono in condizione di raggiungere o che non
possono permettersi l'acqua potabile. Per inciso, si rilevi
che in numerose aree rurali il compito di portare l'acqua ricade
su donne e bambini che spesso, per procurare l'acqua necessaria
alla propria famiglia, devono percorrere diversi chilometri
ogni giorno.
Alla fine del 2002, in occasione del Vertice Mondiale dello
Sviluppo Sostenibile che si è tenuto a Johannesburg,
la data del 2015 è stata confermata, anche se in più
si è parlato della necessità di impianti fognari
e si è indicato il 2005 quale anno limite per la presentazione
di piani per la gestione integrata ed efficiente delle risorse
idriche.
Nessun accenno a un piano finanziario capace di tradurre in
pratica i principi e gli obiettivi messi a fuoco nelle precedenti
Sessioni.
Eppure un giudizio totalmente negativo sull'incontro sarebbe
ingeneroso, perché nella Dichiarazione Politica finale
allegata al Piano di attuazione, hanno trovato ampio spazio
le dichiarazioni di principio sul rispetto della libertà,
dell'ambiente, dei diritti umani e della solidarietà.
Sembra finalmente accettato che per essere sostenibile lo sviluppo
deve raggiungere, è vero, un corretto compromesso tra
obiettivi economici, sociali e ambientali, ma che ciò
non potrà avvenire senza la difesa del nostro eco-sistema
e senza il rispetto dei diritti umani.
Non si tratta solo di evitare l'inquinamento di aria, acqua,
suolo, ma di affrontare emergenze che sono davanti ai nostri
occhi: povertà, fame, emarginazione, malattie, biodiversità,
desertificazione, carenza d'acqua.
C'è da domandarsi ora che seguito hanno avuto le dichiarazioni
di principio sopraddette - almeno per quanto riguarda l'acqua
- nell'ultimo Forum di Kyoto, e soprattutto nel documento finale
firmato da 101 Ministri.
Purtroppo il documento sembra più una raccolta di buoni
propositi, che elenca puntigliosamente le grandi emergenze,
ma che poco ha di programmatico, senza un piano di obblighi
finanziari a carico dei Paesi industrializzati.
Respinta la proposta di raddoppiare il gettito internazionale
degli aiuti economici per l'acqua; oggi 80 miliardi di $ l'anno,
ma alcune stime ritengono che dovrebbero essere almeno 180.
Scomparsa dal documento la proposta francese della creazione
di un Osservatorio Mondiale dell'Acqua, eliminata quella che
chiedeva di definire l'acqua "un diritto dell'uomo".
Minimizzata da parte di alcuni grandi Paesi l'influenza dell'attività
umana (soprattutto produzione di gas serra) sui cambiamenti
climatici, e quindi sull'equilibrio idrico, da tutti ritenuti
responsabili di siccità ed alluvioni.
Si tenga presente che si stima che 1 individuo su 4 degli abitanti
della terra sia più o meno minacciato dalla desertificazione
dalla siccità e dalle alluvioni e che negli ultimi 50
anni si siano avuti danni per tali motivi superiori ai mille
miliardi.
Và chiarito che tutti questi dati e queste cifre sono
da prendere con la dovuta precauzione e senza inutili allarmismi
e che esse devono solo servire a non permettere all'opinione
pubblica di abbassare la guardia e ai governanti di non cedere
a sciocchi nazionalismi, assolutamente fuori tempo.
In tal senso gli impegni finali "volontari" di Governi,
Istituzioni Pubbliche e Private per le più che 500 "azioni
pratiche" decise a Kyoto, con il coordinamento delle Nazioni
Unite, sono un messaggio di speranza.
Si tratta di interventi su scala locale che comprendono la creazione
di infrastrutture per portare l'acqua potabile nei villaggi
rurali e nelle bidonvilles, la realizzazione di impianti di
trattamento e riuso delle acque reflue la rivitalizzazione dei
fiumi e bacini idrici; il tutto nelle zone più bisognose
del nostro pianeta, come Africa, Asia e America Latina.
Forse si poteva fare di più...
Non catastrofismo, ma speranza è il messaggio che si
vuole lanciare, perché l'acqua, causa spesso di controversie
e conflitti, può divenire addirittura catalizzatore di
cooperazione, se si accetta il principio del rispetto del proprio
simile.
E per finire, un dato sulla Capitale: a Roma consumiamo più
di 250 litri di acqua al giorno per persona, e nel nord Africa
il limite di sopravvivenza è di 20 litri al giorno;
occorre riflettere e meditare su sprechi ed educazione civile...
