Il Presidente – Ileana Speziale

LA LUDOPATIA NON É UN GIOCO

Per necessità o semplicemente per curiosità, così inizia il progressivo avvicinamento al mondo del "gioco d'azzardo": un vortice che ti travolge senza farti accorgere che non esiste via d'uscita da un attaccamento morboso ad una realtà fatta di probabilità, e tanto rischio economico.
Diventa così un bisogno incontrollabile a cui dover cedere con la speranza di vincere, per poi abbandonare la missione; ma ad un certo punto le perdite diventano superiori alle vittorie e pur di continuare quel "gioco", anche quando le risorse vengono a mancare, ci si indebita oltre il recuperabile.
Ludopatia, questo il nome di un impulso irrefrenabile da cui l'uomo non riesce a recedere seppur consapevole della gravità della situazione. Le conseguenze possono essere gravissime; inizialmente si tende a trascurare gli affetti, lo studio, il lavoro fino ad arrivare a gesti estremi come furti o frodi.
I periodi più soggetti all'avvicinamento al gioco d'azzardo sono quelli rappresentati dalla depressione e da forti stress. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni dell'adolescenza, mentre nelle donne inizia all'età di 20-40 anni.
Il giocatore d'azzardo affetto da ludopatia laddove tenti di reprimere l'impulso diventa irascibile e nervoso, arrivando a compromettere relazioni importanti, affettive e professionali; mentendo costantemente alla famiglia ma anche ai medici, tende a nascondere la gravità del coinvolgimento al gioco mentre, come una vera e propria droga, ha la necessità di aumentare la posta in gioco per ricevere un'eccitazione sempre maggiore. Curare una persona affetta da ludopatia significa prima di tutto far riconoscere la drammaticità della sua posizione rispetto alla volontà di recedere dall'impulso al gioco, lo step successivo prevede l'identificazione della terapia consona allo stadio del paziente: psicoterapia, terapia farmacologica o ricorso a gruppi di auto-aiuto. Resta la prevenzione lo strumento chiave affinché atteggiamenti estremi frutto di problemi reali e patologici vengano fermati alla radice. La ludopatia non è un gioco!



DISOCCUPAZIONE: UN RESOCONTO NEGATIVO DEL 2013

Ormai entrati nel nuovo anno, si tirano le somme guardando al 2013 come ad un anno difficile, fatto di tante variazioni normative, sociali e sociologiche. Ma un comun denominatore ha caratterizzato i mesi trascorsi nell'anno precedente e purtroppo non si tratta di una nota positiva ma al contrario parliamo del fenomeno della disoccupazione. Una piaga che ha oramai inciso cicatrici profonde in una società sofferente che vede interi nuclei familiari sostenersi con la retribuzione di un solo componente, nel migliore dei casi, e senza nessuna occupazione nei casi più disagiati.
Affrontando la questione da un punto di vista statistico, ci si accorge che i numeri danno una visione della realtà in sintonia con la sua gravità: secondo l'Istat il nostro Paese ha assistito ad un incremento della disoccupazione pari al 10% in più rispetto all'anno 2012, che tradotto significa 292mila persone disoccupate in più. Ancor più grave si presenta la situazione se si pensa che i senza lavoro nella fascia compresa tra i 15-24enni sono 671mila.
Un importante paracadute ad una situazione in picchiata, è stato rappresentato dagli ammortizzatori sociali, un essenziale strumento di sostegno economico a favore dei lavoratori che hanno perso il lavoro o sono momentaneamente sospesi dal lavoro o con orario ridotto, che insieme ad una serie di strumenti volti a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro hanno contribuito al tentativo di ripresa economico-sociale. Tra gennaio e novembre 2013 sono state presentate all'Inps, 1.949.570 domande di disoccupazione con un aumento del 32,5% rispetto alle domande presentate nei primi 11 mesi del 2012; nello specifico sono state presentate 130.795 domande di ASpI, 45.844 di mini ASpi e 556 domande di disoccupazione (tra ordinaria e speciale edile). L'Inps ha ricordato che in seguito a diverse variazioni normative attualmente sono entrate in vigore le nuove prestazioni per la disoccupazione involontaria chiamate ASpI e mini ASpI in base ai requisiti maturati.



"UNA SOLA FAMIGLIA UMANA - CIBO PER TUTTI"
La Caritas Internationalis contro la fame nel mondo

Ormai addentrati nel mese del Santo Natale, non ci è difficile percepire in modo molto chiaro la difficoltà sociale nel soddisfare anche i più basilari e primari bisogni delle persone indigenti. Risulta sempre più complicato riuscire a rimediare alle situazioni di disagio economico in cui versano numerosi nuclei familiari. LIBERA CIVITAS vive le sofferenze psico-fisiche di numerosi bisognosi che si rivolgono alle associazioni di volontariato per ricevere un supporto umanitario o semplicemente per condividere con la comunità una situazione sempre più diffusa, trovando accoglienza e generosità.
In occasione della "Giornata mondiale dei Diritti Umani", Caritas Internationalis ha avviato la campagna internazionale sul diritto al cibo "Una sola famiglia umana - Cibo per tutti". In merito alla questione mondiale Papa Francesco si era così espresso il 20 giugno 2013 alla FAO:

"È necessario allora trovare i modi perché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un'esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano."

Parole che rimandano alla mente la necessità di garantire dignità all'uomo, valore inestimabile da preservare, sempre più spesso "attaccato" dai fenomeni socio-economico-culturali. Caritas nel suo progetto sottolinea la tragicità della situazione: quasi un milione di persone oggi soffre la fame in un mondo che sarebbe invece in grado di sfamare tutti.
Mercoledì 11 dicembre, nel corso dell'Udienza Generale, in Vaticano Papa Francesco si è così espresso:

"Lo scandalo per i milioni di persone che soffrono la fame non deve paralizzarci, ma spingerci ad agire, tutti, singoli, famiglie, comunità, istituzioni, governi, per eliminare questa ingiustizia."



UN URLO DI SILENZIO
25 Novembre: giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Non esiste un numero preciso per poter definire "troppe" le vittime di femminicidio, è inammissibile la sola constatazione di esistenza del fatto! Siamo nell'anno 2013 eppure dopo millenni di progresso e crescita culturale ancora esistono fenomeni razziali e donne che perdono la vita per mano di uomini violenti, aggressivi, oppressivi, egoisti. Per ricordare e non dimenticare che il fenomeno del femminicidio è purtroppo una piaga delle nostra società, ricorre ogni 25 Novembre la "Giornata Mondiale contro la Violenza sulle donne", in cui ormai da anni le Istituzioni al fianco di diverse organizzazioni promuovono attività volte a sensibilizzare la comunità.
La data non è casuale, al contrario, si vuole commemorare uno fra i più violenti casi di femminicidio avvenuto nella Repubblica Dominicana, dove nel 1960 le tre sorelle Mirabel persero la vita massacrate e torturate perché si opposero all'arretrato regime vigente, guidato dal dittatore Rafael Trujillo.
La violenza sulle donne però, purtroppo, ha diverse sfaccettature e si manifesta con dinamiche differenti. La "Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne" del 1993, rafforzamento alla 'Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna', descrive all' art. 1 la violenza contro le donne come: "Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata". Secondo il Rapporto Eures, tra il 2000 e il 2012 in Italia sono state assassinate 2.220 donne, una media di 171 omicidi l'anno, uno ogni due giorni. E il 70,7% dei delitti è avvenuto "nell'ambito familiare o affettivo". Il responsabile della violenza è nel 48% dei casi il marito, nel 12% il convivente, nel 23% l'ex partner.
Seppur numerose volte le compagne o le ex compagne riconoscono di subire atti di violenza, solo il 7% delle vittime denuncia l'accaduto e il suo aggressore; questo vuol dire che per il 93% delle donne coinvolte resterà un dolore nascosto, una ferita da celare tra le mura domestiche, un urlo di silenzio.
Molte le associazioni che offrono sostegni psicologici, e molto altro, a chi prende il coraggio di dire "basta", a chi decide di ricominciare, a chi seppur con la ferita nel cuore decide di ripartire dai sogni perduti.



LA TRAGEDIA DEI SECOLI DEI SECOLI

Di fronte ad una tragedia di tale portata non si può rimanere indifferenti. Forse a causa dell'incessante flusso di notizie che ormai quotidianamente entra nelle nostre case, i nostri animi sembrerebbero abituati ad apprendere di numerosi immigrati che sbarcano clandestinamente sulle coste italiane, e infatti al pensiero dei numerosi volontari che sono sempre disponibili ad accogliere tutti i bisognosi, a scaldarli con coperte, dissetarli e offrire loro un pasto caldo, ci rassereniamo della triste notizia. Ma stavolta è stato diverso, non è bastato il calore del Centro di accoglienza di Lampedusa a "rimediare" alle sciagure di cui sono stati vittima i 500 immigrati somali ed eritrei, stavolta si parla della più grande tragedia dell'immigrazione.
Le fiamme di una coperta che doveva essere la loro salvezza, il loro appiglio verso una vita nuova, lontana dalle violenze, dai soprusi e dalla guerra, si è rivelata fatale; la coperta incendiata doveva servire a far localizzare il barcone, che era ormai vicino alle coste siciliane, per poter ricevere così l'aiuto necessario a sbarcare; purtroppo le fiamme si sono propagate sul pontile dando il via a scene di panico e terrore oggi decifrato in circa 300 morti, dato purtroppo destinato ad aumentare.
Fermato il possibile responsabile di questa strage, un tunisino di 35 anni indicato come lo scafista del "barcone della morte". "Viene la parola vergogna: è una vergogna! Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie", ha detto Papa Francesco.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha commentato l'accaduto: "Bisogna reagire e agire". "Non ci sono termini abbastanza forti - ha detto il Capo dello Stato - per indicare anche il nostro sentimento di fronte a questa tragedia".

Al popolo non interessa conoscere le motivazioni, le cause, gli effetti, questi sono affari della politica, il popolo ha bisogno di sapere che una tale tragedia non si ripresenti appena calerà il sipario, ha bisogno di credere che l'Italia sia sostenuta dall'intera UE affinché i rifugiati di guerra e le altre categorie protette abbiano la dignità che cercano nella nostra Repubblica democratica perché nel loro Paese gli è stata negata, che venga restituita loro la dignità e non una degna sepoltura!



INQUINAMENTO: RILEVIAMOLO DALL'AEREO!

Siamo ormai tutti a conoscenza di come il nostro eco-sistema stia subendo continui attacchi da parte della mano dell'uomo, che troppo spesso incurante dell'ambiente ha continuato imperterrito la sua corsa verso il progresso tecnologico, anche a suo stesso discapito.
Diversi i provvedimenti a cui prendiamo parte abitualmente per cercare di compensare a situazione estreme: assistiamo ad ordinanze comunali che ci costringono a non adoperare mezzi e veicoli inquinanti, causa della produzione di polveri sottili, o ad esempio, riduzione dell'orario di funzionamento del riscaldamento. Ma parlare di inquinamento vuol dire abbracciare un più ampio raggio d'azione, ed è per questo che, allo stato attuale, è necessario investire risorse nel monitoraggio degli stessi agenti inquinanti che contaminano il nostro sistema atmosferico: l'intento di IAGOS-ERI, uno dei progetti di ricerca europei inseriti nell'ambito della ESFRI Roadmap 2006 (European Strategy Forum on Research Infrastructures) rappresenta appunto la realizzazione di speciali dispositivi capaci di rilevare la presenza di gas a effetto serra, tra cui gli aerosol e le particelle nelle nuvole. La peculiarità del progetto è insita nella metodologia di rilevazione, in quanto si tratta di un monitoraggio atmosferico di tipo verticale, essenziale, pertanto, nell'analisi di alcuni gas serra (CO2, CH4, H20) e specie reattive (CO, O3, NOx, Noy). La realizzazione del programma " IAGOS-ERI" sarà possibile installando speciali dispositivi su velivoli; in questo modo, il volo di un aereo permetterà di raccogliere informazioni fondamentali per verificare la qualità e lo stato dell'aria.
Passi importanti questi, verso una sempre maggiore consapevolezza di appartenenza ad un eco-sistema da preservare e difendere perché radice del nostro stesso essere. Il biologico ciclo dell'uomo è venuto man mano influenzato dai cambiamenti ambientali di cui egli stesso ne è stato artefice e responsabile. Conservare, monitorare, salvare l'ambiente rappresenta la missione dell'uomo, ovvero preservare se stesso.



IL PROCESSO DI INNOVAZIONE NELLA PA ATTRAVERSO LE MISURE PREVISTE DALL'AGENDA DIGITALE

Con l'intento di uscire dalla crisi e di preparare l'economia dell'UE per le sfide del successivo decennio la Commissione europea ha lanciato, nel marzo 2010, la strategia Europa 2020 per raggiungere alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. Tra le varie iniziative utili ad ottenere un rapido e concreto sviluppo, la Commissione europea ha proposto un'agenda digitale. Così, grazie a una maggiore diffusione e ad un uso più efficace delle tecnologie digitali, l'Europa potrà affrontare le sfide principali alle quali è chiamata e offrire ai suoi cittadini una migliore qualità della vita, ad esempio sotto forma di un'ottima assistenza sanitaria, trasporti più sicuri e più efficienti, un ambiente più pulito, nuove possibilità di comunicazione e un accesso più agevole ai servizi pubblici e ai contenuti culturali.
La Cabina di Regia per l'Agenda Digitale Italiana (ADI) è stata istituita il primo marzo con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La Cabina di Regia ha individuato sei gruppi di lavoro suddivisi in base ai principali assi strategici dell'Agenda Digitale: infrastrutture e sicurezza, e commerce, e-gov/open date, competenze digitali, ricerca e innovazione, smart cities & communities, L'Italia appare in ritardo dal punto di vista infrastrutturale rispetto agli obiettivi fissati dall'agenda digitale europea: infatti le connessioni in Adsl coprono solo il 61% del territorio, come risulta dal rapporto CENSIS, mentre le connessioni in fibra ottica ad altissima velocità coprono solo parzialmente le grandi città.
Nel gennaio 2012 l'AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha inviato una comunicazione al Governo e al Parlamento con la quale veniva evidenziata l'esigenza di istituire un'Agenda Digitale per l'Italia il Governo Italiano dovrebbe avviare concretamente l'attività dell'Agenzia per l'Italia Digitale velocizzando il processo di emanazione dei decreti attuativi per l'Agenda Digitale; deve porre in essere ogni atto di competenza volto a garantire che la «cabina di regia» istituita con l'Agenda Digitale Italiana diventi al più presto uno strumento concretamente capace di perseguire con efficienza ed efficacia gli ambiziosi obiettivi sanciti a livello comunitario dall'Agenda Digitale Europea.
Bisognerebbe, inoltre, rendere immediatamente disponibili le risorse già stanziate per la banda larga nelle regioni sottoutilizzate del Paese, riducendo il divario digitale al fine di migliorare la competitività e la produttività del sistema economico nazionale, con il fine, inoltre, di agevolare il percorso di aziende e cittadini nella produzione e nella fruizione dei contenuti digitali.
Per finire bisognerebbe porre in essere tutti gli atti indispensabili per avviare le misure necessarie alla semplificazione ed armonizzazione delle procedure amministrative per la diffusione delle reti; il rafforzamento della normativa di settore per l'accesso alle infrastrutture civili ai fini della realizzazione di reti in fibra ottica; all'aumento dell'utilizzo e della diffusione delle aree wi-fi nei luoghi pubblici.



Seppur già affrontato in precedenza, in seguito ai drammatici avvenimenti a cui abbiamo assistito in questi giorni, ci preme ritornare sul tema e rimarcare la difficile situazione di spaesamento e di disperazione in cui la popolazione italiana verte ormai da tempo a causa della stringente crisi economica.

Lo sconforto che gremisce gli animi delle famiglie del Bel Paese si sta progressivamente manifestando con atti estremi, che riflettono la complessità del nostro "Stato Sociale" nonché la sua debolezza.

È la consapevolezza di non riuscire a credere che possa esistere una vita dignitosa per tutti ed un futuro ricco di aspettative che sta portando nel baratro i sogni e con loro la speranza di onesti lavoratori che spesso, troppo spesso, rappresentano una sottoclasse sempre più povera – i cosiddetti "working poor" – che malgrado il loro impiego vivono col minimo vitale, ritrovandosi molte volte a dover mantenere anche i figli in cerca di un'occupazione: un'occupazione che non c'è!

Solo l'idea che si possa arrivare a preferire di perdere la vita quando i problemi "economico-finanziari" diventano gli attivi protagonisti della propria esistenza, fa emergere l'irrefrenabile, terribile situazione di squilibrio generale. Fino ad oggi, ed ininterrottamente, associazioni come la nostra si sono fatte carico della responsabilità di donare dignità a quegli uomini a cui la dignità è stata strappata via. È necessario comunque tener conto che attorno ad ogni persona ruota un sistema fatto d'affetti, e questo fa sì che le vicissitudini di uno dei componenti alterino l'intero equilibrio.

Uno Stato che dimostra sempre di più di non essere all'altezza delle sfide di questi tempi, sui temi del lavoro, dell'occupazione, dell'economia e più in generale del Welfare è uno Stato fallito, che contribuisce a destabilizzare tutta la società.


Per dirla con le parole di Cassese:

"la carenza dello Stato, la sua intima fragilità, costituisce un elemento di intima debolezza nello stesso sviluppo nazionale e pesa oggi come un fattore decisivo di handicap".



POVERA ITALIA POVERA

Sono molteplici i verbi da utilizzare quando si deve "chiedere"; in latino si chiamano "verba roganti" e si differenziano per la diversa finalità per cui vengono usati. Il verbo quaero, ad esempio, viene utilizzato quando si "chiede per sapere", da cui ne deriva il termine quesito; o ancora, il verbo peto, chiedere per ottenere (viene subito alla mente la petizione). Ma non esiste nessun verbo adatto quando la finalità è una richiesta d'aiuto.
Quel sentimento di disagio non ha parole che lo possano descrivere, un solo appellativo riecheggia nella mente: POVERO.
Negli ultimi anni la situazione economica del nostro Paese ha evidenziato rilevanti difficoltà, proiettando sui cittadini uno stato di spaesamento, spesso a causa di modifiche normative drastiche.
I conti non tornano, perché troppo difficile combinare le spese con la "spesa"; i "No" si ripetono, perché quando mancano le risorse di prima necessità, quando manca un pasto dignitoso per sfamare la famiglia, quando manca il calore di un termosifone a scaldare i "piccoli" tutto il resto non conta.
Si è da poco svolta l'undicesima edizione del Rapporto Unicef sul 'Benessere dei bambini e degli adolescenti nei paesi ricchi' che ha fatto emergere uno scenario preoccupante: l'Italia si trova in fondo alla classifica sulla povertà infantile, con il 17% dei bambini sotto la soglia di povertà e il più alto tasso di tutti i Paesi industrializzati dei giovani che non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione. Molti i fattori responsabili di un'emergenza sociale che troppo spesso viene accantonata, sottovalutata o peggio dimenticata. Un riconoscimento speciale è obbligatorio alle numerose organizzazioni che quotidianamente con il loro supporto cercano di risollevare le condizioni di molte famiglie disagiate fornendo loro assistenza generale anche con strumenti minimi, ma pur sempre con grande spirito solidaristico, come l'Associazione Libera Civitas che ha, per definizione, l'obiettivo morale di aiutare, sostenere, assistere chi ne abbia bisogno.
Ai tempi in cui la comunicazione non ha limiti spaziali, la luna non è più un tabù, e il botulino rappresenta l'elisir di lunga vita, esiste la povertà come macchia indelebile di una civiltà che inventa il Welfare e dimentica la dignità dell'Uomo.



LE DONNE: IL PARLAMENTO E IL TELEFONO ROSA FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Reduce dalle elezioni politiche, l'Italia ne affronta i risultati tirando le somme e raccogliendo i frutti di un'ondata di cambiamento già preannunciata all'alba della campagna elettorale. E se è vero che i numeri in politica contano, non è difficile immaginare la soddisfazione provata dal popolo femminile alla notizia riguardante la percentuale di donne in Parlamento: si tratterebbe infatti di una presenza pari al 31%, con un aumento, rispetto alla precedente legislazione pari all'11%.
Vale a dire che un deputato su tre è una donna.
A primo acchito, apprezzare e sottolineare come la nostra società, a partire dalle istituzioni, stia cambiando o almeno abbia intrapreso la via del progresso, abbattendo i muri della discriminazione e delle disparità, sembrerebbe quasi un dovere; per poterne invece apprezzare la concretezza bisognerà aspettare il corso dei lavori. Considerando che il Parlamento rappresenta la guida della Nazione, un altro dato rilevante risalta alla vista: i nuovi deputati eletti avranno un'età media di 45 anni e i senatori di 53 anni. Una classe dirigenziale giovane che si accinge a condurre il Paese verso nuovi orizzonti, vicina ai problemi dei cittadini grazie anche alla diminuzione della distanza generazionale, questa la speranza riposta nel nuovo, giovane Parlamento, indipendentemente dalla fazione politica.
E se è una notizia positiva, l'aumento della presenza femminile alla dirigenza del Paese, ad aprire il mese di marzo, tradizionalmente dedicato alle donne, decisamente più scoraggiante è prendere coscienza che ad aumentare siano anche le violenze sulle donne. I dati annuali dell'Osservatorio del Telefono Rosa parlano chiaro e scoprono l'altra faccia della medaglia: nel 2012 sono state 1.562 le donne costrette a rivolgersi al Telefono Rosa perché vittime di atteggiamenti aggressivi.
Le persone più vicine, spesso quelle con cui si sceglie di passare la propria quotidianità, si trasformano nei nostri peggior nemici; che sia all'interno della sfera familiare piuttosto che sentimentale l'aggressione è rappresentata da tutti quegli atteggiamenti che ledono la dignità dell'essere umano. Non si pensi pertanto solo ai casi più estremi, in cui intendiamo una violenza fisica, ma ben più profonde sono da ricercarsi le radici di un sentimento che giorno dopo giorno ferisce, fino a distruggere psicologicamente, a volte, fisicamente, tante altre.
Nessuna giustificazione, nessun movente sarà mai valido perché si possa permettere che la violenza, in tutte le sue forme, venga mai accettata. Il progresso sociale non è forse anche questo? Non vuol forse aver affermato modalità di interazione differenti dallo stato brado primordiale? Solo pensare di considerare utopica una società senza violenza, e senza discriminazioni ne descrive il fallimento evolutivo.



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