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SVILUPPO SOSTENIBILE

E' ormai universalmente accettato che per essere considerato sostenibile, lo sviluppo deve raggiungere un compromesso tra obiettivi economici, sociali e ambientali al fine di massimizzare il benessere nel presente, senza compromettere il diritto delle future generazioni a soddisfare i propri bisogni. E' altrettanto accettato che ciò non potrà avvenire senza la difesa del nostro eco-sistema, e senza un simultaneo e ben coordinato intervento di tutti i Paesi e la partecipazione di tutte le categorie produttive e sociali; forse, questa dovrebbe essere la vera corretta finalità della tanto conclamata globalizzazione.

Se tali affermazioni appaiono condivisibili, occorre rilevare subito - anche se l'osservazione può apparire scontata - che si tratta di affrontare argomenti che hanno valenza planetaria, tempi di risoluzione lunghissimi, necessità di investimenti rilevanti e approccio diverso per Paesi che sono diversi per sviluppo economico, usi, religioni, costumi, tipo di governo. Non aver chiari questi assiomi può solo portare a fughe in avanti, a proposte velleitarie, a scontri politici che non trovano giustificazione per la serietà e la grandiosità del problema che ci troviamo ad affrontare.
Problema che - ricordiamo - non è solo quello della difesa dell'ambiente dall'inquinamento di aria, acqua e suolo, ma che è legato alle emergenze che sono davanti ai nostri occhi: povertà, fame, emarginazione, malattia, carenza d'acqua, desertificazione, biodiversità.

Qual è il quadro di riferimento attuale?
Paesi industriali che trovano le loro difficoltà a ridurre i consumi e quindi i loro carichi inquinanti, consumi spesso eccessivi a motivo di una malintesa logica di mercato.
Paesi in via di sviluppo che tendono a raggiungere i livelli di benessere di quelli più ricchi, ma senza l'aiuto e l'assistenza di tecnologie "pulite".
Paesi poveri che vedono depredate le proprie risorse, spesso governati da clan elitari che utilizzano gli aiuti internazionali per i loro scopi privati e che sono tentati, o meglio obbligati, a sacrificare le proprie risorse naturali a scapito dell'ambiente; l'esempio della deforestazione in alcuni Paesi africani è significativo in tal senso.
Di qui la necessità di strumenti politici ed economici nuovi, condivisi dal maggior numero possibile di Paesi, capaci di restituire ai popoli la sovranità nella scelta delle loro politiche ambientali e sociali, capaci di trasferire cooperazione e tecnologie avanzate e pulite (le cosiddette "best available technologies" ed anche "clean technologies", o ancora "clean development mechanism") ai Paesi che ne necessitano.
In termodinamica, per esempio, l'ambiente può essere un modesto spazio confinato, ma nei nostri discorsi l'ambiente è tutto l'eco-sistema del nostro pianeta. L'atmosfera, quella sottile pellicola d'aria che ci consente di respirare e vivere, circonda tutto il nostro globo dai poli all'equatore. E se viene bruciato malamente del combustibile in un luogo, può essere che le piogge acide minaccino a migliaia di chilometri di distanza altri luoghi. E se a Chernobyl un reattore atomico fa le bizze, la conseguente nuvola radioattiva fa allarmare un Paese distante come l'Italia. Tuttavia, il mondo, al di là delle lodevoli iniziative internazionali prese da Stoccolma e Rio in poi, non sembra preoccupato più di tanto. Se volete qualche esempio, vi ricordo che in Italia, dal 1990 ad oggi, l'incremento delle emissioni di gas serra è stato dell'12% circa, vanificando gli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto.

Bisogna anche dire che l'Unione Europea sembra fortemente impegnata per uno sviluppo che sia rispettoso dell'ambiente, certo il cammino è lungo e gli interessi commerciali spesso frenano questo cammino, ma i provvedimenti presi o in discussione e il nuovo clima di consenso che si è creato fra le varie nazioni lasciano bene sperare per il futuro.

Un dato ormai condiviso e consolidato c'è: l'Uomo non ha futuro senza uno sviluppo sostenibile.

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